Questo articolo mi ha fatto pensare, ed ho pensato di proporlo, anche se non è direttamente attinente con la biologia marina...
Ciao
Francesco
Il commento di Ed Ayres, direttore del World Watch: La scienza secondo Bush
Le "correzioni" fatte al rapporto dell'Epa sui cambiamenti climatici non sono il primo esempio della censura scientifica operata dall'amministrazione Bush. Lo spiega una voce autorevole dell'ambientalismo americano
Si pensa in genere che la tecnologia possa essere usata per buoni propositi e che, in certi casi, si abusi della sua efficacia. Ma sempre, comunque, siamo portati a ritenere che la scienza su cui la tecnologia si basa sia incorruttibile. Le pressioni politiche possono incidere sulla tecnologia, non sulla scienza. O per lo meno, questo era ciò che ci veniva insegnato dai nostri insegnanti di scienze. L'attuale presidente degli Stati Uniti, però, sembra non aver prestato attenzione alle lezioni di quegli insegnanti e ora ritiene che le scoperte degli scienziati, se non sono utili politicamente, possano essere modificate dal potere esecutivo.
Su diversi problemi l'amministrazione Bush ha infatti cercato di alterare le scoperte scientifiche, o di negarle. Quando un cartografo del ministero degli Interni Usa ha pubblicato su un sito web un documento che spiegava che il proposito del governo di cercare il petrolio nel National wildlife refuge dell'Antartico avrebbe distrutto i territori dove partoriscono i caribu, il cartografo è stato licenziato e la mappa rimossa dal sito. Quando un comitato di esperti della Food and Drug Administration statunitense hanno prodotto una ricerca basata su test genetici i cui risultati erano poco graditi dal governo, questo ha sciolto il comitato prima che fosse pronto un rapporto conclusivo. Quando un team del ministero della Salute e degli affari sociali ha diffuso dati poco graditi alla destra cristiana, il team è stato sciolto. In un altro gruppo dello stesso ministero che ha iniziato a raccogliere prove inquietanti sull'effetto dei prodotti chimici sulla salute umana, 15 dei 18 membri sono stati sostituiti.
Ma è nel campo dei cambiamenti climatici che Bush è stato più risoluto nella negazione della scienza. I climatologi hanno iniziato a presentare prove scientifiche sul riscaldamento globale già dal 1990. Prestigiosi e riconosciuti scienziati di più di cento nazioni, sotto l?egida dell?Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) dell'Onu, hanno presentato una notevole quantità di prove del riscaldamento in atto e delle cause umane che lo provocano. Le industrie del petrolio e del carbone, che hanno dato un notevole contributo nel piazzare Bush e Cheney alla Casa Bianca, si sono opposte con una campagna propagandistica a queste prove, inizialmente sostenendo che non erano abbastanza forti da dimostrare che un riscaldamento si stava effettivamente verificando. In seguito, quando le prove del riscaldamento in atto divennero troppe, si concentrarono sul fatto che non era certo che il riscaldamento dipendesse da cause umane. E durante la propria campagna presidenziale, Bush ha ripetuto in molte occasioni la versione dell?industria sulle prove "incerte" del riscaldamento e che dunque, a causa dell?incertezza, il governo non avrebbe intrapreso nessun intervento.
Eppure, quando nel 2002 Bush iniziò ad affermare che gli Usa dovevano urgentemente attaccare l'Iraq perché Saddam Hussein rappresentava una minaccia mortale, e i giornalisti statunitensi chiesero quale fosse la prova di questa minaccia, il presidente non fu in grado di presentare alcuna prova. E, cosa ancor più grave, non si dimostrò imbarazzato di non poterne presentare. Insomma, l'uomo per il quale le numerose prove scientifiche sul riscaldamento globale prodotte da 10 anni di assiduo lavoro di ricerca erano ancora troppo "incerte" per richiedere un intervento, non era minimamente in dubbio sull'incertezza, sicuramente assai maggiore, che l'Iraq stesse preparandosi ad attaccare gli Stati Uniti.
Quando le prove dipendono dai desideri di qualcuno non esistono più verità oggettive, e comincia a perdersi anche il senso della responsabilità.
(dall'editoriale del World Watch Magazine, 16-1)
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